LE REGIONI D’ITALIA

...LE REGIONI D’ITALIA

Nel 1970, dopo 22 anni dalla stesura della nostra Costituzione della Repubblica (con Assemblea Costituente formatasi nel ’46 tra tutte le forze antifasciste che hanno liberato l’Italia nella Resistenza), i nostri parlamentari, seguendo gli umori di rivolta delle piazze, fanno diventare legge la divisione della Repubblica in 20 Regioni con altrettanti Parlamentini (giunte regionali). Prima di trattare l’argomento del titolo dell’articolo voglio spiegare alcune cose.
Il ’70 è stato un anno pieno di malumori, di sommosse popolari, che seguì la rivolta studentesca del ’68. Le sinistre dure condussero delle battaglie nelle piazze contro le forze dell’ordine che portarono a diversi morti. Furono buttate sì le basi per l’affermazione di sacrosanti diritti civili per una più equa giustizia sociale, ma la scia dei sessantottini, invaghiti di mode e tendenze dei giovani d’Oltre Oceano dei “figli dei fiori” che “con lo spinello l’amore è più bello”, portò maggiormente a uno scadimento della cultura e del sistema di produzione d’Italia, basati nonostante tutto su delle eccellenze. Il 18 per tutti agli esami universitari come voto diplomatico portò alla formazione di centinaia di migliaia di dottori, ingegneri, professori, avvocati, professionisti qualificati che tutto avevano che non la meritata qualifica. Si inguaiò, dunque, il fiorente riscatto del boom economico ottenuto a denti stretti nell’immediato dopoguerra a causa dell’impiego in settori strategici dell’industria, del commercio, della finanza, della scuola di perfetti incompetenti. E oggi ne stiamo raccogliendo i frutti nefasti. Quegli anni furono segnati da lunghe scie di sangue negli attentati terroristici (stragi con ordigni, assassinio di politici, giudici, personalità pubbliche, rapimenti) al popolo inerme che avevano sia il colore del rosso (BR, Brigate Rosse, estrema Sinistra) che del nero (neofascisti, falange armata, massoni). Conflitti a fuoco nelle piazze con le forze dell’ordine, scaricabarile nei Tribunali da una fazione all’altra, protezione di parlamentari ex partigiani e organi deviati dello Stato di Destra (Servizi Segreti, Militari, ma anche mafia e camorra), balzelli e confusione diffusa che ci hanno portato ad essere quelli che noi tutti siamo ora. Ebbene, sempre nel 1970 fu scritto il primo Statuto dei Lavoratori, meglio noto come Contratto di Lavoro Nazionale che sancì una forma di rapporto più umana tra datore di lavoro e impiegato. Fu un successo per gli impiegati statali e la classe operaia, che nemmeno sotto il Regime Fascista avevano ottenuto (si ricordi che Mussolini istituì per primo nel Regno d’Italia tutele migliori per i lavoratori, fondò l’INPS, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, che garantì a tutti la pensione). Sì, è vero, il ’68 ci regalò più diritti nel Lavoro, ma cogli anni seguenti si affermò la strafottenza del prevalere negli esami e concorsi pubblici con la pratica clientelare della raccomandazione (ampiamente trattata negli articoli precedenti) e della formula per passarla franca ad un controllo di polizia “Lei non sa chi sono io!”. I doveri degli impiegati sia nel settore pubblico che privato andarono così scemando fino al punto che senza controlli opportuni ognuno faceva e fa oggi quello che gli pare sul posto di lavoro (assenteismo, truffe agli enti pubblici col passo di badge, firma di cartellini, mentre si va al mare felici sulla canoa, uso di postazione pc, telefono e mezzi d’azienda per scopi personali e di intrattenimento e eccetera e ancora eccetera).
Dunque, in tutto questo marasma nel 1970 si decise di riformare la Costituzione con l’istituzione di 20 Giunte regionali, altri Parlamenti per ogni Regione della Penisola, con tanti assessori, “deputati” e consiglieri. Non bastava la Torre di Babele del Parlamento nazionale di Roma, diviso nelle aule della Camera dei Deputati e del Senato, e ancora diviso soprattutto nelle lingue parlate dai diversi onorevoli che siedono e si alzano dagli scranni. E si volle investire le nuove Regioni di poteri decisionali su tematiche sensibili per i singoli territori come l’Istruzione, la Sanità e i Trasporti. Si volle decentralizzare settori come gli Enti Pubblici e le Public Utilities (municipalizzate come aziende che erogano gas, luce, che smaltiscono rifiuti, ecc.). E così oggi per ogni 50 km che percorriamo, abbiamo diverse e contrastanti scuole, ospedali, bus, treni, impianti energetici con tariffe degli alti e bassi, tasse, sanzioni e multe delle polizie locali e sempre eccetera e ancora eccetera. Si divise ancor più gli italiani in tifoserie da stadio, i quali nelle proprie famiglie e poi negli ambienti del lavoro e tempo libero cominciarono a parlare nei dialetti dei loro avi, identificandosi in regionalismi sempre più estremi (da notare l’offesa del “Terun” e “Magna Saun de l’Ostia” dei Settentrionali verso i Meridionali in cerca di lavoro al Nord…). Tutto il lavoro portato avanti dal Regno Sabaudo (1861-1945) e levigato nei minimi particolari dal nazionalismo e dal concetto della purezza della lingua italiana del Regime del Duce, fu dato in pasto ai ratti e l’Italia non è mai stata così divisa e infelice come oggi. Ai confini con la Francia, Svizzera, Austria, Croazia, nelle dogane dei porti del Mediterraneo, dovrebbero installare il cartello con su scritto “Benvenuti in Italia, manicomio d’Europa!”.
E tutto questo favorì e favorisce tuttora processi cervellotici di una burocrazia spietata che aumenta costi, sperpera risorse, incentiva la corruzione, il clientelismo (raccomandazioni, favori, voti di scambio, ecc.), l’instabilità politica e finanziaria, e accresce la forza e il potere delle mafie.
L’italiano medio, prima di sputare veleno verso lo straniero, dovrebbe guardarsi intorno e controllare se le cose a casa sua sono a posto.
Infine, ben venga la riduzione dei Parlamentari (Camera e Senato) da parte dell’attuale Governo Giallorosso e noi di presidenzialismo.org auspichiamo un’abolizione dello stesso Senato (è solo un doppione istituzionale e fa quello già fatto dalla Camera dei Deputati), dei Parlamentini regionali (Giunte), un ritorno alla cruda Carta Costituzionale del ’48 del Calamandrei e La Malfa e l’attuazione dei programmi dell’ala presidenzialista dello sciolto Partito d’Azione, anch’esso fondatore della nostra Repubblica.

Vincenzo Benincasa dalle MEDITAZIONI SOCIALI

#Movimento Europeo Gilet Gialli su Facebook

Autografo
LE REGIONI D'ITALIA

 

 

Gruppo Facebook del Movimento Presidenzialista

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *