LA RACCOMANDAZIONE

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L’argomento l’ho già trattato in alcuni articoli e persino in un romanzo inedito di alcuni lustri fa. In Italia la raccomandazione, la pratica secondo cui proteggere un candidato contro tutti gli altri in un esame di Stato o in un concorso pubblico, è ormai una istituzione. E’ entrata da padrone negli usi e costumi dei nostri concittadini. E per provocazione possiamo dire che senza il protettore di turno non ci si può permettere manco di comprarsi le sigarette altro che… meritocrazia! I meriti, nella nostra tanto amata Repubblica delle Banane, non hanno mai avuto valore e il giro di favori, aiutini e anche sfregi (mafiosi…) hanno fatto grandi gli impiegati di Stato. Già a scuola, che nel nostro caso è veramente maestra di vita, si fa uso da parte dei genitori di influenze sempre più potenti per far emergere la propria prole. Chi non è raccomandato, viene considerato uno zingaro tra i banchi. E il potentato ostentato serve a far ottenere alti voti agli studenti soprattutto al fatidico Esame di Stato per un diploma o altro. Raccomandazioni per evitare la bocciatura, per non ripetere l’anno scolastico e per avere voti che non si meritano. Raccomandazioni che fanno emergere gli imbecilli, gli ignoranti e i mafiosi, contro i meritevoli considerati dei poveri fessi. Raccomandazioni per ottenere un impiego statale, per avere la meglio sulla giungla di candidati in un concorsone pubblico per diventare un vigile urbano, un poliziotto, un carabiniere, un finanziere, un soldato, ma anche un avvocato, un giudice, un notaio, un dottore e tutti quei mestieri stipendiati dallo Stato. Ebbene, forse durante il Regno d’Italia si cercava di scegliere gli impiegati nuovi tra chi lo meritava ed aveva a buon ragione i requisiti. Si sceglieva il meglio e ognuno stava al proprio posto. Invece, dal secondo dopoguerra la politica parlamentare dei tanti partitini ha favorito una pratica clientelare sempre crescente. Il clientelismo, uno dei tanti mali d’Italia, ha origini molto antiche che si perdono nella notte dei tempi dell’antica Roma. Il cliens era un uomo ricco che per cause sociali, come sciagure, scandali e debiti, diveniva uno schiavo sotto la protezione di un suo creditore, che ne disponeva a suo piacimento delle sorti. Ancora oggi ci si lega alle fortune di un uomo potente per avere la meglio sul lavoro, nella vita sociale ed affettiva, e finanche nel tempo libero. Si chiama qualcuno di più importante, quando si hanno problemi con la Legge, per avere un impiego e per risolvere il bandolo della matassa della vita quotidiana. Anche quando si hanno problemi di salute, si chiama il potente di turno per superare le bibliche liste di attesa. Chi è protetto dall’alto, salta le file agli sportelli, passa col rosso ai semafori, non paga le multe che gli arrivano a casa, parcheggia nei posti per i disabili, si beffa dei tutori della Legge, non paga le tasse, ha le cose più belle come auto, case, ville e barche, vive una vita da Vip circondato da belle donne. E, infine, prende per il culo i meritevoli, gli onesti, gli integerrimi figli di lavoratori che si sono creati una posizione col sudore della fronte senza mai chiedere niente a nessuno. Supera il concetto scritto e sancito dalla Costituzione di equità e giustizia sociale. Ha sempre la meglio nelle controversie legali grazie a tangenti, corruzione e concussione. Ammette di fronte a sé stesso e agli altri che tutto il resto non è nessuno.

Vincenzo Benincasa dalle MEDITAZIONI SOCIALI

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