Sandro Pertini, l’uomo della Resistenza

...Sandro Pertini, l’uomo della Resistenza

Sandro Pertini è stato un uomo tutto d’un pezzo, integerrimo, che conservò orgoglio e dignità anche nei momenti più bui (è stato più volte imprigionato e mandato al confino dal regime fascista). La sua vita eroica ha segnato tutto il Novecento italiano e quale maestro deve essere studiato sui banchi di scuola.
Classe 1896 apparteneva a una famiglia numerosa di coloni e mezzadri della città di Savona. Si formò in scuole gestite da ecclesiastici e in licei per poi conseguire a Genova le lauree in Giurisprudenza e Scienze Sociali. Essendo nei democratici interventisti partecipò nella cavalleria alla prima guerra mondiale (1915-18), per poi pentirsene anche per una medaglia al valore rinnegata. Già prima della marcia su Roma di Mussolini (1921) fu esponente della Social Democrazia italiana. Nella sua città natale (Savona) ci fu il primo esperimento di Cooperativa Sociale, in cui uomini e donne lavoravano con gli stessi diritti e doveri. In questo periodo nel Regno d’Italia le donne non avevano gli stessi diritti degli uomini e non potevano nemmeno votare. Pertini si batté sempre con la parola e lo scritto per superare le condizioni succubi della classe operaia e contadina. Con l’assassinio di Matteotti per mano delle camicie nere venne fuori la sua anima socialista oltranzista che gli causò l’arresto e anche il confino. Fu spostato dal Tribunale Speciale Fascista più e più volte in vari carceri italiani e con rocamboleschi sotterfugi riuscì a fuggire verso la Francia, a Parigi particolarmente. Qui fu accolto insieme a tutti gli esuli delle dittature nazifasciste (Germania, Italia, Spagna) e lavorò come manovale (lavavetri e muratore). In Francia si formò un grande sodalizio antifascista come il Partito d’Azione Giustizia e Libertà (giellini), che cominciò a fare pressione su tutti gli intellettuali di Roma. Pertini tornò in Italia per organizzarsi contro il Regime, ma venne di nuovo arrestato dall’OVRA (servizi segreti fascisti) e fu di nuovo fatto rimbalzare da un confino all’altro. Nel frattempo nelle carceri conobbe e si scontrò pure con personalità del mondo comunista come Turati e Gramsci: le diatribe si incentrarono sul comunismo, socialismo e la devianza social fascista.
Patì malattie come la tubercolosi (all’epoca era mortale) durante l’internamento e la madre, preoccupata per lo stato di salute del figlio, inviò una missiva al presidente del Tribunale Speciale. Lui, con tutta fretta, rispose deluso e umiliato che non accettava la richiesta di grazia della madre e sarebbe venuto fuori dal carcere solo se tutti gli altri internati politici ne avessero avuto il diritto.
Col Governo Badoglio in seguito all’armistizio del Regno d’Italia con la soverchiante potenza angloamericana (’43), quando ancora i Tedeschi erano presenti a Roma e nel Nord Italia, riuscì ad avere la libertà insieme agli antifascisti come Saragat: organizzarono così la Resistenza da Roma, Firenze e infine Milano. Pertini in questo frangente strinse amicizia con ufficiali inglesi che lo introdussero al culto del tabacco e della pipa. A Milano quando con tutti gli altri partigiani giunse a piazzale Loreto, in prossimità della ex pompa di benzina, e vide i corpi a testa in giù appesi di Benito Mussolini e la sua amante, esclamò irato: “Non voglio vedere più questo scempio. Date degna sepoltura a questi corpi. Noi non siamo barbari e voi non siete socialisti, ma fascisti!”.
A guerra finita, quando si decise per l’esilio dei Savoia dall’Italia ormai Repubblica, partecipò attivamente all’Assemblea Costituente, iniziando così di fatto la sua carriera politica, prima come deputato e infine come Presidente della Repubblica (1978 – 1985). Pur essendo socialista della prima ora, Pertini non fu mai in linea col PSI. Uomo di polso e iracondo si espresse duramente contro quanti facevano il cattivo gioco, erano incoerenti e inconcludenti nella stessa Sinistra. Si batté per l’affrancamento dalla povertà del popolo italiano e dovette far fronte a molteplici crisi come il terrorismo rosso e nero degli anni di piombo (attentati stragisti), terremoti (Irpinia ’80) e conflitti internazionali (guerra fredda).
Ha lasciato un segno indelebile nella storia d’Italia e per quanti lo conobbero fu sempre il loro “Sandro” di Savona. Alla città natale ha poi lasciato tutti i suoi effetti personali come la collezione di pipe e di opere e dipinti di arte contemporanea, che aveva messo su negli anni coi propri denari.

Vincenzo Benincasa dalle MEDITAZIONI SOCIALI

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