Il Presidenzialismo e il Movimento Presidenzialista

Parlamento ItalianoIl PRESIDENZIALISMO,

Basta con la partitocrazia, con 10 partiti e 100 leader, che litigano in continuazione, con i governi sempre in bilico, con i parlamentari e i primi ministri nominati dai leader dei partito!!! Noi vogliamo un presidente del consiglio scelto ed eletto direttamente dal popolo. Un solo presidente, una sola camera, max 390 deputati. Dopo 4 anni lo aspettiamo al varco, se ha fatto bene, lo confermiamo; se ha fatto male lo mandiamo a casa.

           Basta tutto il potere ai partiti! Tu metti una crocetta e poi decidono tutto loro: chi deve andare al parlamento, chi deve fare il primo ministro, chi il presidente, il ministro ecc. Scelgono a uno a uno i futuri parlamentari e c’è chi candida l’amante. Ora si eleggono da soli anche i presidenti delle province. Tu non conti niente! In Italia comandano i capi dei partiti, gli apparati burocratici – i magistrati. La nostra è una democrazia di facciata.

UNA REPUBBLICA PRESIDENZIALE

Il nostro progetto

Due mali hanno afflitto l’Italia da quanto è nata questa repubblica: l’instabilità e il clientelismo.

Da noi i governi non sono durati mai a lungo e quando durano vivono in una clima di eterna provvisorietà (ad es. nessuno quanto durerà il governo M. Renzi). Ciò non ha consentito a nessuno di portare avanti una linea di politica coerente, decisa, di fare quelle riforme strutturali di cui ha bisogno assolutamente il nostro paese. Il Primo Ministro di turno riesce ad andare avanti solo mediando tra le parti, facendo continui compromessi con partiti e le minoranze interne … ha che fare con quasi 1.000 parlamentari, ognuno con proprie idee e propri progetti, che spesso si crede un “grande” leader; pensano di fare politica, ma sanno fare bene una cosa sola: clientelare, cercare alleanze, trafficare, intrallazzare ecc., quando non rubano a due mani.

Se non si corregge questo “peccato originale”, cioè se l’Italia non avrà mai una guida sicura, dei governi stabili e un leader che porta avanti un programma di lungo respiro, non ritornerà mai alla crescita economica, al benessere e non avrà mai quella credibilità internazionale per puntare i pugni sul tavolo per avere dall’Europa condizioni “accettabili”.

      Il clientelismo. Barack Obama per essere confermato in America ha bisogno del 51% dei voti, sono più di 220 milioni di voti, troppi per essere raccolti con metodi clientelari. Lo stesso succederà in Italia se adotteremo il sistema presidenziale. Chiunque vorrà essere eletto dovrà puntare per forza sul voto di opinione, dovrà portare avanti delle riforme credibili, proporre qualcosa di valido ecc. insomma con il presidenzialismo si dà un colpo forte al clientelismo e alla corruzione. Ricordate che è meglio che ruba uno solo, che tanti, che fanno a gara tra di loro a chi si arricchisce di più ai danni del popolo. Inoltre se il presidente “ruba” c’è l’opposizione che lo denuncia, esiste un alternativa invece adesso si dividono “la torta da buoni compari”, quindi fregano tutti ed è impossibile attribuire le responsabilità. Il sistema è corrotto dalla cima fino alla base.

LA NOSTRA IDEA. Le polemiche e gli interventi di moltissime persone in rete, ci impongono di precisare meglio il nostro progetto. Noi non siamo per un presidenzialista forte, all’americana, con tutto il potere accentrato nelle mani di una persona sola, soluzione che ci esporrebbe a “possibili colpi di stato”, ma per il semipresidenzialismo alla francese, in cui, a fianco del Primo Ministro, capo del governo, eletto direttamente dal popolo, c’è anche la figura del Presidente della Repubblica, che come “guardiano della costituzione” preserva il paese da eventuali possibilità di degenerazioni autoritarie. Per questo motivo il sistema elettorale da noi proposto può essere più facilmente ritenuto come un incrocio tra quello statunitense e il sistema parlamentare italiano.

IN PRATICA. Si fanno le elezioni, come negli USA, prima in un gruppo di regioni, poi a mano a mano nella altre, alla fine resteranno solo due candidati. Si fa il ballottaggio, chi vince va al potere e avrà la maggioranza dei seggi, cioè 210 su un parlamento composto da 390 deputati (una sola camera, all’opposizione vanno 180). In questo modo si abbatteranno i costi della politica, si semplificherà enormemente la vita politica e si snellirà ogni procedura e avremo finalmente una leadership affidabile, perché è responsabile davanti al paese.

Il senato diventerà un’assemblea costituente, cioè entrerà in funzione solo in caso siano necessarie riforme costituzionali, altrimenti resteranno a casa senza stipendio. Infatti il Primo ministro non avrà il potere di cambiare la costituzione o il sistema elettorale, per evitare che si faccia votare leggi “ad persona” cioè che prolunghino il suo mandato o lo favoriscano nelle competizioni elettorali.

RINNOVAMENTO. I maggiori partiti per vincere saranno costretti a cercare volti nuovi, credibili … perciò ci sarà un rinnovamento di tutta la classe politica italiana. Non solo, ma il nome del Presidente non sarà scelto dai leader dei partiti, oggi, infatti, sono essi a decidere chi deve andare in Parlamento, chi farà il Ministro o il Presidente del consiglio ecc., ma dal popolo italiano, nell’ampia rosa di candidati che ogni movimento politico proporrà. Può succedere benissimo che scelga qualcuno appartenente a piccolo partito perché gode di molta popolarità.

Il peso dei voti clientelari sarà fortemente ridimensionato con l’adozione di due schede elettorali, una per eleggere il presidente su cui si vota solo il partito ed una per le preferenze. Sarà, infatti, la prima scheda, su cui si vota senza far nomi, a determinare il numero di seggi a cui avrà diritto ogni partito, mentre la seconda scheda servirà solo a decidere chi di quel partito andrà al Parlamento. In questo modo il voto di opinione prevarrà sul quello clientelare e tante cose cambieranno, ci sarà meno corruzione, meno accaparramento del denaro pubblico ecc., e i parlamentari saranno più attenti al loro operato perché la loro riconferma dipende dal popolo e non da quanti hanno “leccato i piedi” ai potenti dei loro partiti.

Ma spieghiamo nei dettagli che cosa è il presidenzialismo.

PARTITOCRAZIA E PRESIDENZIALISMO

Il termine partitocrazia significa letteralmente “governo dei partiti”, e definisce un sistema politico in cui i partiti riescono a imporre una propria supremazia in molti ambiti della società e a fare proprie anche quelle funzioni che le leggi e la costituzione vigenti assegnerebbero ad altri organi.

Ha diversi difetti inaccettabili, ne segnaliamo alcuni:

1- I partiti o meglio agli apparati dei partiti hanno il sopravvento sui leader, cioè coloro che si presentano come candidati per dirigere un governo, quindi ostacolano il ricambio e i meriti personali. In altre parole predomina il clientelismo, le alleanze, le correnti all’interno dei partiti e i leader, cioè le persone che possono proporre idee nuove o un rinnovamento, difficilmente riescono ad emergere, perché se si oppongono agli apparati di partito vengono emarginati.

2 – I partiti, compresi quelli al governo, se mai uniti in una coalizione, continuano a litigare e a fare gli interessi dei partiti invece che quelli della nazione. In Italia non si litiga solo nel centro sinistra, ma anche centrodestra e quando si raggiunge un accordo lo si fa solo per salvaguardare interessi di qualcuno.

3 – Instabilità politica. I governi quasi sempre da accordi tra partiti (all’interno dei quali si continua litigare) quindi non si sa mai quanto durerà un governo o nessuno può essere sicuro di stare abbastanza al potere da fare quelle riforme struttura lidi cui i nostro paese ha bisogno

     Il presidenzialismo è il “Sistema politico-costituzionale di una Repubblica caratterizzato da una forte preponderanza dei poteri personali del Presidente della Repubblica” (enciclopedia Encarta 2008). Non è una definizione molto precisa anche perché spesso con tale termine si intende cose diverse. Anche Berlusconi è per il presidenzialismo, ad esempio, propone l’elezione diretta del presidente della Repubblica, ma è una cosa ben diversa da quello che proponiamo noi. Per arrivarci dobbiamo prima chiarire un equivoco.

Con il termine democrazia non si intende il governo di tutti, sia perché è impossibile che si governi tutti insieme, sia perché ognuno la pensa diversamente dagli altri (diversità di opinioni che si traduce nell’esistenza di vari partiti).

Ma non si intende neanche che nel governare si deve cercare di accontentare il maggior numero di persone possibili o partiti. Questo regime si chiama “populismo”, cioè il capo del governo cerca di assecondare le richieste che vengono dal basso, spesso clientelari o che finiscono per peggiorare la situazione. Ad esempio, il presidente non aumenta le tasse nonostante il debito pubblico sia arrivato a un livello inaccettabile, solo per non contrariare l’opinione pubblica.

Democrazia, invece, significa che ognuno può fondare un partito, che tutti si possono presentare alle elezioni, che ognuno è libero di votare per chi vuole, ma anche che bisogna dare a chi vince le elezioni la possibilità reale di governare e di portare avanti la sua linea politica. Alla fine del suo mandato risponderà del suo operato agli elettori direttamente. In altre parole, se si intralcia in tutti i modi il lavoro di chi governa, non è una vera democrazia, ma una partitocrazia.

Il vero significato di presidenzialismo quindi è:

va al governo un solo partito,

guidato da un leader che diventa il capo del governo

e non una coalizione composta da 7-8 partiti, molto diversi ideologicamente, che stanno insieme solo con lo scopo di raggiungere e mantenere il potere, fare i propri interessi e fingere di fare qualcosa per il popolo, di cui si fregano ampiamente.

In secondo luogo per presidenzialismo si intende che:

chi vince le elezioni deve avere tutti poteri

per portare avanti la sua politica e le sue riforme.

Sarà poi il popolo, alla fine del suo mandato di 4 anni (in un mondo in cui gira tutto veloce anche i mandati devono durare di meno) a giudicare se ha fatto bene o ha fatto male. In questo modo finiranno litigi e zuffe all’interno delle coalizioni, governi instabili spesso sul punto di cadere, piccoli partiti che fungendo da ago della bilancia ricattano quelli grandi, le politiche dei compromessi, degli accordi sottobanco e così via.

COME SI PUÒ REALIZZARE PRATICAMENTE?

La prima cosa da dire che presidenzialismo non vuol dire elezione diretta del presidente della Repubblica. Dato che egli è sostanzialmente l’arbitro, cioè il garante della costituzione, è l’unico caso in cui è auspicabile che la sua nomina scaturisca da accordi tra partiti. È come se le squadre di calcio di serie A si mettessero d’accordo su chi deve essere l’arbitro. Quindi l’elezione del presidente della Repubblica, non c’entra affatto, perché non è colui che governa, ma colui che deve far rispettare la costituzione. Al limite il presidente della repubblica potrebbe essere anche un giudice.

Il presidenzialismo si intende, invece, che il capo del governo, attualmente il presidente del consiglio, è eletto direttamente dal popolo e che abbia pieni poteri di governare. Risponderà del suo operato direttamente al popolo alla fine del mandato.

Col presidenzialismo si garantisce la diversificazione dei ruoli tra governo e opposizione.

Democrazia non significa spartizione del potere, cioè divisione delle poltrone e degli incarichi tra i parlamentari, con buona pace del popolo che continua a lavorare per tutti. In un vero regime democratico va rispettato il dibattito politico. In altre parole governo e opposizione devono essere sempre due forze distinte, che si contrappongono. La principale funzione dell’opposizione, difatti, è controllare l’operato del governo, rivelare casi di corruzione e evidenziare le scelte sbagliate. Se tutti si spartono “la torta”, cioè partecipano alla spartizione del potere, delle poltrone e del denaro che è possibile accaparrare, il sintema resta senza l’opposizione e fatica correggere gli “errori” e le distorsioni, e ci sarà più corruzione.

IL SISTEMA PRESIDENZIALE

Il secondo sistema elettorale che proponiamo ricalca per grandi linee quello americano, anche se con molte varianti. Il suo pregio maggiore è che ha l’indubbio merito di limitare l’influenza dei partiti, dando molto spazio ai leader. In effetti con questo sistema ci sarebbe meno partitocrazia e più rinnovamento, in quanto sarebbero i nuovi leader politici a condizionare le linee politiche e non gli apparati di partito, come purtroppo succede oggi.

Alle elezioni primarie la competizione non è tanto tra i partiti, ma è all’interno dei partiti, cioè ogni elettore vota per quel candidato che secondo lui dovrebbe diventare il primo ministro. Una seconda scheda, poi, è per determinare i seggi da assegnare al Parlamento. In pratica serve per esprimere le preferenze.

Una volta finite le primarie, i due candidati presidenti che hanno avuto più voti vanno al ballottaggio, gli altri restano alla finestra. Non deve essere, infatti, prevista nessuna possibilità di accordo o possibilità di coalizioni prima del secondo turno.

A differenza del sistemi elettorali in vigore da noi, non è il partito a indicare chi sarà il primo ministro e formerà il nuovo governo, ma si è obbligati a candidare colui che ha ricevuto più voti alle primarie. In questo caso è il popolo direttamente a indicare il futuro premier. Quest’ultimo formerà il futuro governo in modo che l’elettorato alle elezioni secondarie scelga tra due squadre e non tra due persone.

Poi si fa il ballottaggio, chi vince va al governo e ottiene la maggioranza dei voti il cui numero è già prefissato in precedenza (come abbiamo detto, ad esempio, alla maggioranza vanno 210 seggi e all’opposizione 180).

Come vengono scelti i parlamentari?    In modo molto semplice, alle elezioni primarie l’elettore ha due schede a disposizione, come abbiamo spiegato: una per eleggere il primo ministro e una per esprimere le preferenze. I deputati saranno eletti in base ai risultati delle primarie. Il secondo turno, infatti, serve soltanto per lo spareggio.

Se si adotta questo sistema, però, bisogna dare maggiori poteri al Premier, mentre il Parlamento, come negli USA, dovrebbe avere più una funzione di controllo, che propositiva, smettendo di essere il centro della vita politica come è oggi.

Altre regole che completano il quadro sono:

Fedeltà al mandato popolare. Non è possibile cambiare casacca, il parlamentare eletto nel partito di maggioranza non può passare all’opposizione (e viceversa). Se una persona cambia idea deve dimettersi e lasciare il suo posto al primo dei non eletti del suo partito.

No ai ribaltoni. Se cade il governo si va alle elezioni, non è possibile, cioè, cambiare la coalizione che regge il governo.

Sbarramento. È giusto prevedere una soglia di sbarramento a livello nazionale, ma può essere piuttosto bassa: 2% (tutto al più 3%) a livello nazionale. In questo modo non si soffoca la nascita di nuovi partiti. La frammentazione politica, infatti, non è un problema, in quanto il doppio turno garantisce maggioranze certe con il premio di maggioranza.

PREGI. Questo sistema, a nostro giudizio, unisce i vantaggi di tutte e due i sistemi elettorali, proporzionale e maggioritario.

Vediamoli insieme.

Evita l’eccessiva frammentazione. Se, infatti, basta una bassa percentuale di voti per essere rappresentati in Parlamento, non basterà certamente per andare al governo. In effetti, i partiti piccoli nel giro di un paio di legislazioni verranno fagocitati da quelli grandi in quanto non hanno nessuna possibilità di andare al ballottaggio e vincere le elezioni. Col tempo resteranno sulla scena non più di 4 – 5 soggetti politici. Ma la selezione sarà naturale, non imposta dall’alto con una legge.

Si garantisce la governabilità, anzi subito dopo il secondo turno esiste già un governo formato, guidato da un presidente eletto direttamente dal popolo. E la governabilità è la migliore assicurazione contro eventuali tentazioni autoritarie. Finiscono litigi e finiranno litigi, discussioni, ricatti ecc. all’interno delle varie coalizioni (soprattutto in quella al governo). Andando un solo partito, o al massimo una coalizione di 3 partiti molto simili ideologicamente, il clima politico sarà più sereno.

Questo sistema elettorale non costringe, come quello maggioritario, a stringere accordi innaturali con partiti completamente diversi. I grossi partiti, se trovano dei “buoni” alleati, bene, altrimenti possono decidere di correre da soli, in quanto basta loro andare al ballottaggio. Poi, al secondo turno possono sperare di farcela da soli, in quanto i partiti esclusi non possono fare campagna elettorale.

Le minoranze sono rappresentate, in quanto non si esclude dal parlamento nessun partito, (non come nel maggioritario che sono schiacciate) e non si impedisce a nuovi partiti di nascere e affermarsi. I partiti piccoli, infatti, non sono costretti a entrare in coalizione con quelli grandi per non essere cancellati dal panorama politico, perché nessuno toglie loro la rappresentanza in parlamento.

Limita il clientelismo. È vero che al primo turno non cambia quasi niente, i parlamentari per essere eletti continueranno a cercare il voto distribuendo favori, ma con il tempo le cose cambieranno. Un partito, infatti, se vuole andare al governo e vincere il ballottaggio, non può basarsi sul voto clientelare, perché per spuntarla al secondo turno (dove non esistono le preferenze) deve arrivare al 51% dell’elettorato!

In altre parole, al secondo turno deve proporre un programma credibile, soprattutto deve convincere gli elettori dei partiti ormai fuori dal gioco (cioè che hanno perso al primo turno).

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