Come uscire dalla crisi…

DODICI PUNTI PER USCIRE DALLA CRISI

      Il nostro progetto è chiaramente di proporre una repubblica presidenziale, però dal punto di vista economico, in sintesi, le scelte più opportune da fare sarebbero:

      1 – Uscire dall’euro. Sarebbe la soluzione ideale, ma anche far pressione sulla Banca centrale Europea affinché non facesse rivalutare troppo l’euro, anzi lo portasse sotto alla soglia di 1,20 per dollaro, aiuterebbe a far ripartire l’economia non solo nel nostro paese ma in tutta l’aera euro, che attualmente è quella che cresce meno nel mondo. Purtroppo la Germania e altri paesi forti, si oppongono perche temono l’inflazione. Ma essi non possono pensare solo ai loro interessi e poi bisogna optare per una soluzione salomonica, non svalutare troppo ma neanche far diventare l’euro troppo forte.

      2 – Aumentare la produttività e la competitività delle nostre aziende, ad esempio portando la settimana lavorativa a 42 ore, riducendo a 30 i giorni di ferie (cioè eliminando il recupero delle festività soppresse ed altro), combattendo l’assenteismo ecc.. Con un minimo di sacrificio si possono recuperare posizioni importanti.

      3 – Ridurre le tasse sul lavoro dipendente (quello che diceva Prodi, ma che non ha fatto). Non è necessario farlo in tutti i settori, perchè comporterebbe costi insostenibili, ma soltanto per l’industria e l’agricoltura, cioè per i produttori che devono competere con le loro merci sui mercati mondiali. Si abbasserebbero così sensibilmente i costi di produzione. Allo stesso momento si deve fare la riforma delle pensioni e della sanità per abbassare i contributi sociali e far costare meno il lavoro. I conti dell’Inps sono in attivo solo perché si pagano contributi molto alti.

      4 – Introdurre dappertutto i premi di produzione, in modo da premiare la produttività. Al contrario penalizzare l’assenteismo, trattenendo, ad esempio, 10 euro al giorno per ogni giornata di lavoro perso. Introdurre lo sciopero a maggioranza (cioè se si vuole scioperare si deve indire un’assemblea, dopo la quale si vota: se la maggioranza decide di scioperare, si scende di sciopero, altrimenti poche teste calde non devono paralizzare intere industrie). Ridurre i permessi per assistenza ai familiari bisognosi (legge 104) o trovare il modo per ridurre i disagi ai datori di lavoro.

      5 – Mettere un limite all’immigrazione, fissando dei tetti, ad esempio quando c’è poco lavoro concedere al massimo 30.000 permessi di soggiorno all’anno. Se non c’è lavoro neanche per gli italiani perché facciamo entrare centinaia di migliaia di immigrati? Per creare una guerra dei poveri e abbassare i salari a livelli di sussistenza e facendo esplodere il lavoro nero? Solo per curare i clandestini spendiamo qualcosa come 250 di milioni all’anno.

      6 – Spostare la tassazione dalla produzione al consumo. In altre parole ridurre il più possibile l’imposizione fiscale sui produttori, cioè su coloro che fabbricano merci in Italia. Lo scopo è quello di abbattere i costi di produzione. Per compensare si possono aumentare le tasse sui consumi, in modo che anche le merci di importazione le paghino. Ad esempio, introdurre la tassa di smaltimento. Se si compra una camicia si presume che un giorno si dovrà buttarla, perciò “io stato ti faccio pagare un euro per lo smaltimento”. Si otterrà un duplice risultato: riduzione delle tonnellate di spazzatura e i soldi per tagliare le tasse ai produttori.

      7 – Introdurre il guadagno minimo sulle importazioni. Il che significa che se un importatore, italiano o cinese, importa 70 milioni di euro di merci, non può dichiarare di averci guadagnato solo € 20.000, pagando un’inezia in tasse. Serve per evitare le triangolazioni, cioè che gli importatori che hanno pagato un paio di blue-jeans in Cina 2 euro, non dichiarino di averli pagati 14,50 e venduti a € 15, con un guadagno minimo di 50 centesimi a capo. In questo modo il fisco italiano perde moltissimi soldi ogni anno. Questa norma avrebbe due effetti: farebbe costare un po’ di più i prodotti provenienti dall’estero e costituirebbe un importante entrata per lo Stato, che potrebbe dimezzare le tasse sul lavoro dipendente.

      8 – Ritirare le licenze di importazione a chi non rispetta le regole. Se, ad esempio, nei magazzini dei cinesi vengo trovate merci avariate, scarpe o giocattoli costruiti con materiali nocivi alla salute, non limitarsi a delle multe, ma chiuderli definitivamente e ritirare loro i permessi di soggiorno. Se non rispettano le leggi devono andare altrove.

      9 – Combattere le contraffazioni. Anche qui non bisogna limitarsi a semplici multe, ma si ritira la licenza, se sono attività commerciali o si ritira il permesso di soggiorno se sono stranieri che vendono prodotti griffati. Se, poi, si tratta di clandestini, oltre a rischiare la prigione, devono essere espulsi. Le sanzioni devono essere adeguate, in modo che non possano più ripetere il reato.

      10 – Basta burocrazia. “L’Italia ha una burocrazia elefantiaca e inefficiente, procedure medievali, tempi mediorientali, infrastrutture da Quarto mondo, costi stratosferici. In Galles ci sono importanti incentivi all’investimento e in generale le procedure sono snelle, i vincoli inesistenti, la pubblica amministrazione è rapida” (da “Il giornale”). In conclusione tutti gli sforzi per promuovere lo sviluppo e creare nuovi posti di lavoro rischiano di tradursi in un buco nell’acqua se prima non si procede verso una deburocratizzazione della pubblica amministrazione. Per costituire un’azienda in Italia sono necessari nove step burocratici, in Francia sette, in Inghilterra sei e negli Stati Uniti cinque. Ogni volta che si deve fare una riorganizzazione aziendale anche modesta, si pongono problemi giuridici e societari che richiedono tempo, energie e alti costi di consulenza.

      11 – Rimuovere tutti i fattori che scoraggiano gli imprenditori. Il modo più efficace per promuovere lo sviluppo e creare posti di lavoro, però, è quello di analizzare ad uno ad uno tutti i motivi che scoraggiano gli imprenditori ad aprire, come la presenza della camorra in una zona. Se non ci sono le condizioni favorevoli, infatti, non solo non si creano nuovi posti di lavoro, ma le industrie nazionali fuggono all’estero attirate da un fisco meno vorace, dal costo del lavoro e del denaro più bassi.

      12 – Riforme strutturali. In particolare c’è bisogno di meno stato e più iniziativa privata. Ad esempio, in Campania la Regione ha varato “un piano di trasporti regionale”, coordinando metropolitane, trasporti urbani, ferrovie locali, trasporti extraurbani ecc. (tutte in mano a società pubbliche), un’idea lodevole dal punto di vista teorico (perché le disfunzioni sono all’ordine del giorno, autobus che viaggiano vuoti ecc.), ma quanto costa al contribuente? Sono tutte società in deficit, i cui bilanci devono essere appianati ogni anno dalla Regione. Non è meglio destinare quei soldi agli ospedali che versano in condizioni pietose?

      Cosa più importante si dovrebbe sfoltire il numero di enti locali, eliminare tanti carrozzoni inutili ecc., riducendo la spesa pubblica e far funzionare la giustizia.

      Le altre misure sono quelle conosciute: incentivi alle aziende, promuovere l’innovazione tecnologica, aiutare i giovani che si vogliono mettere in proprio, sano nazionalismo ecc.

      In sintesi la nostra proposta è questa: meno stato, meno politici (ciò significherebbe meno tasse) e più iniziativa privata.

      Ci fermiamo qui, le proposte sarebbero tantissime (praticamente lo Stato italiano sarebbe tutto da riformare, a partire dalla giustizia).

      Ma le cose importanti sono soprattutto due:

      – Non bisogna aver paura di essere tacciati di protezionismo. Non è protezionista chi vuole difendersi dalla concorrenza sleale. Saremmo protezionisti se utilizzassimo barriere contro partner commerciali come la Germania, la Francia che rispettano le regole, ma non se ci difendiamo dalla concorrenza sleale dei paesi emergenti, dall’imperialismo economico di paesi come la Cina.

      – Non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze, in realtà siamo in guerra, anche se si tratta di una guerra commerciale, perciò

o difendiamo i nostri mercati o soccomberemo!

e i nostri figli dovranno cercare di nuovo fortuna all’estero!

      I giovani più valenti hanno già cominciato ad emigrare. La Spagna, ad esempio, è piena di neo laureati con ottimi voti che si sono inseriti in questo paese.