La casta…

EuroLA CASTA POLITICA

            Siamo governati da una classe di privilegiati che guadagna più di tutti in Europa. Gli europarlamentari italiani prendono oltre € 149.000 all’anno di stipendio base (esclusi indennità e benefit che portano lo stipendio mensile sopra i € 30.000) mentre gli europarlamentari francesi guadagnano meno della metà: € 63.000 all’anno. Anche i parlamentari nazionali sono tra i meglio retribuiti in Europa (esattamente 19.150 euro al mese, più 4.030 euro per i portaborse) e a godere di mille privilegi (rimborso spese affitto 4.003 euro al mese, 3.995 euro solo per i trasferimenti dall’aeroporto ecc.). Si calcola che tra enti locali e organismi europei (e attività collegate) circa 3.000.000 di persone vivono di politica. Una casta di privilegiati che consuma gran parte della ricchezza che il paese produce, che vive sulle spalle della povera gente che lavora onestamente. È una delle ragioni principale per cui in Italia si pagano tante tasse.

Una classe politica numerosa, sprecona e superpagata

Non solo europarlamentari e parlamentari nazionali ad essere i meglio retribuiti d’Europa, ma anche tutti i manager pubblici hanno stipendi da favola. L’amministratore delegato delle FS, Mauro Moretti, nel 2012 ha percepito poco più di 870mila euro (esattamente di 873.666,03). Il presidente di Fs, Lamberto Cardia, invece ha guadagnato 300mila euro, più di Franco Bassanini della Cassa depositi e prestiti (280 mila), ma molto meno di Giovanni Gorno Tempini, ad della stessa Cdp che ha incassato oltre 1 milione.

Ma quello che guadagna di più nelle aziende a partecipazione pubblica non quotate è Massimo Sarmi, che nel 2012 ha preso oltre 2,2 milioni grazie alla doppia carica di ad e dg di Poste italiane, contro i 900mila euro percepiti dal presidente della società Giovanni Ialongo. Al presidente del Coni, Gianni Petrucci, sono spettati complessivamente 194 mila euro e 336 mila all’ad, Raffaele Pagnozzi. Ancora meglio è andata a Mauro Masi, ad Consap (l’autorità che gestisce i servizi assicurativi della P.A) che ha ricevuto in totale oltre 473 mila euro. Nello stesso ente, il presidente Andrea Monorchio ha percepito poco meno di 226 mila euro.

Tra i manager più pagati c’è anche Domenico Arcuri ad di Invitalia: se l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa ha chiuso il 2012 in rosso, il suo ad ha ricevuto quasi 800 mila euro. Dietro di lui l’amministratore unico di Anas, Pietro Ciucci (750 mila) e quello dell’Enav, Massimo Garbini (poco meno di 503 mila euro), l’ad di Sogin, Giuseppe Nucci (570 mila) e dell’Expo 2015 Giuseppe Sala (428 mila contro i solo 47 mila per la presidente Diana Bracco). Seguono il numero uno del Gse (il gestore dei servizi energetici), Nando Pasquali (oltre 411 mila). Di oltre 600 mila euro è stata invece la retribuzione complessiva nel 2012 di Maurizio Prato, presidente e ad del Poligrafico e Zecca dello Stato.

Ci fermiamo qui per non inferire troppo, ma facciamo presente che benché un decreto presidenziale del 1987 abbia soppresso ben 107 enti inutili, di fatto non è stato chiuso quasi nessuno, tra essi figura anche l’ente linee aeree transcontinentali fondato da Italo Balbo nel 1938. Inoltre le società controllate dagli enti locali (dati del ministro Santagata, maggio 2007) sono ben 7.535.

In conclusione, in Italia abbiamo la classe politica più numerosa e più sprecona d’Europa, tutto ciò fa sì che i costi della politica nel nostro paese siano superiori a tutte le altre nazioni europee, anzi sembra che siano maggiori di Spagna, Francia e Germania messe insieme.

I COSTI DELLA POLITICA

La pubblicazione di alcuni coraggiosi libri denuncia (“La casta” di Gian Antonio Stella) ha riportato prepotentemente il problema dei costi della politica nel nostro paese. Non è solo il Parlamento a costare 3 – 4 volte più delle analoghe assemblee estere, anche il Quirinale costa 4 volte più di Buckingam Palace.

Le spese della camera nel 2005, per dare qualche dato, ammontavano a 979,2 milioni di euro, che arrivano a 1 miliardo e 450 milioni se si consideravano anche gli oneri previdenziali e fiscali da versare ai 1.897 dipendenti e ai 630 deputati (Panorama 4 -8-2005).

Tutti dicono di voler ridurre i costi della politica, ma non si fa niente perché non conviene a nessuno. In realtà i nostri politici passano la maggior parte del loro tempo a fare clientelismo e propaganda: garantiscono favori, posti e raccomandazioni in cambio di voti. Non hanno progetti validi, non pensano al futuro e non si dedicano all’interesse generale (ostacolando il cambiamento e il progresso). Con questo sistema clientelare fa carriera chi è più servile e non chi è più competente. In effetti, la maggior parte di essi va al potere solo per sistemare i propri affari. Fanno mille promesse, mille chiacchiere, ma in realtà non pensano al benessere del paese, ma a quello personale!

D’altronde che cosa si può sperare da una classe politica, di cui ben 100 parlamentari sono stati inquisiti da un tribunale, ma restano saldamente al loro posto.

IL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI

Un altro dei costi più contestati della politica è quello del finanziamento pubblico dei partiti. Abolito nel 1993, non solo è tornato sotto forma di rimborsi elettorali, ma è cresciuto a dismisura in questi ultimi anni. Nelle ultime elezioni (regionali 2006) è stato di € 210 milioni, dei quali hanno potuto beneficiare anche i partiti che raccolgono appena l’1% dei consensi, il triplo rispetto al 1992. Con alcuni casi paradossali: nel 2005 il partito dei pensionati ha ricevuto rimborso pari a 180 volte ciò che aveva investito. In Europa, invece, i rimborsi tedeschi sono fermi a € 130 milioni, quelli francesi a 73 milioni e quelli spagnoli a 60 milioni di euro.

La normativa sul finanziamento pubblico in Italia ha un meccanismo perverso. Prevede che ai partiti sia corrisposto un euro per ogni elettore avente diritto al voto, moltiplicato per ogni anno di legislatura. In cinque anni, per rimborsi elettorali sono stati versati ai partiti circa € 450 milioni, senza contare il contributo per le politiche del 2006 (Panorama 4 – 8 – 2005).

LE NOSTRE PROPOSTE

Non siamo come gli altri, capaci solo di protestare, noi abbiamo idee e soprattutto conosciamo le soluzioni, approntate con anni di studio. Ecco alcune delle misure da prendere:

1 – Abolire gli enti locali inutili. In Italia c’è una selva di enti locali: Regioni, Province e Comuni, più Comunità Montane, Circoscrizioni, Enti di bonifica, consorzi ecc., a questi bisogna aggiungere, ovviamente, Parlamento Nazionale e Parlamento Europeo.

Si è fatto fino di abolire abolito le province, ma in realtà sono ancora là anche se si sono ridotti i bilanci. Non bisogna, però, limitarsi ad abolire gli enti locali non necessari, bisogna tagliare tutti gli enti inutili e mettere in liquidazione i vari carrozzoni clientelari.

2 – Dimezzare il numero di parlamentari. Non è solo il costo dei loro stipendi a spingerci questa direzione, ma ridurre a 390 i parlamentari, dai quasi 1.000 attuali, significa che nel nostro paese ci sarà meno gente che traffica, che fa intrallazzi, che incassa tangenti o tesse reti clientelari. È anche questo un modo per ridurre la corruzione.

La nostra proposta è semplice: abolire una delle camere, a nostro parere il Senato, in quanto è un doppione che non serve a niente, ma complica in modo esagerato l’iter legislativo.

3 – Ridurre le retribuzioni sia ai deputati al parlamento nazionale, che a quelli europei in modo che i loro guadagni siano in linea con quelli del resto d’Europa. Allo stesso modo dimezzare i costi del Quirinale, tagliando su tante spese, come il numero di corazzieri ecc.. Altri tagli consistenti vanno fatti sulle spese delle nostre ambasciate all’estero, dei consolati (che spesso troviamo anche nelle città minori), patronati ed altre istituzioni all’estero ecc.. Oltre tutto sono soldi che vengono spesi in altre nazioni, perciò non contribuiscono neanche alla domanda interna.

4 – Dimezzare il finanziamento pubblico dei partiti, tanto l’abbiamo visto, non serve a molto per ridurre la corruzione. Anzi più soldi si danno e più si creano caste di persone abituate a vivere solo di politica.

L’ANELLO DEBOLE

È lui, l’operaio, l’impiegato, il piccolo negoziante, il modesto artigiano, il contadino ecc., è colui che paga le tasse anzi che regge tutto il sistema.

Una volta l’operaio almeno poteva scioperare, sfogare la sua rabbia in piazza, ottenendo qualche miglioramento, normativo ed economico, oggi ha paura a scendere in piazza,

– perché sa che ci sono migliaia di extracomunitari pronti a prendere il suo posto.

– perché è ricattato dai padroni: chiusura della fabbrica e delocalizzazione nei paesi emergenti

– perché ha un contratto a termine e ha paura che non sia rinnovato.

Un giorno aveva almeno il sogno della pensione da godersi in pace senza essere costretto a sgobbare e servire gli altri. Anche se non si è più giovani in fondo la pensione è bella, perché è un’età senza padroni, oggi questo sogno si fa più sempre più lontano, perché l’età pensionabile viene spostata continuamente in avanti.

Inoltre, le nuove pensioni col metodo contributivo saranno solo il 60% del salario medio degli ultimi anni, poi “l’anello debole” scopre che una polacca o un’ucraina che abita nel suo quartiere, si è conquistata una pensione doppia della sua, senza aver versato mai un euro di contributo, senza aver lavorato mai un giorno, ma solo perché è stata sposata per qualche anno con un pensionato 35 anni più vecchio di lei.

Scopre che a uno straniero bastano 10 anni di residenza in Italia per avere a 65 anni diritto alla pensione sociale.

            Sì, questo sì, abbiamo globalizzato le nostre pensioni e i nostri posti di lavoro, perché vengono da tutte le parti del mondo a prenderseli.

Se volete commentare il Presidenzialismo, fatelo qui… sul blog del Buon Governo

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